GALLERIA DI IMMAGINI- CARTE DEL PERCORSO


Apri qui una panoramica dall'alpe Piazza

5. RIFUGIO CA' SAN MARCO-RIFUGIO ALPE PIAZZA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Passo San Marco-Valle di Pedena-Alpe Lago-Rifugio Alpe Piazza
7 h
680
E
SINTESI. Saliamo, sul sentiero (Via Priula) alle spalle del rifugio, dal rifugio San Marco al passo di San Marco (m. 1992), scendendo sul versante della Valle del Bitto di Albaredo lungo la segnalata via Priula (a sinistra della strada provinciale, vicino all’aquila che sorveglia il passo). Scendiamo verso nord, ad alcuni dossi erbosi sottostanti, poi comincia a perdere quota in uno scenario ingentilito da radi larici, fino a piegare leggermente a destra e calare, con qualche ripido tornante, alla piana dell’alpe di Orta Vaga (1694). Prendiamo a destra, raggiungiamo la casera dell'alpe e su stradella saliamo alla strada provinciale per San Marco. Percorriamo ora la strada provinciale in salita, verso destra, superiamo un tornante sinistrorso e, al successivo tornante destrorso, la lasciamo, sfruttando un sentiero poco visibile alla partenza: resta sulla destra della Val d'Orta, sale diritto sul fianco erboso, entra in una macchia di ontani e passa da destra a sinistra su un ponticello, proseguendo la salita. A quota 1900 lasciamo a destra la traccia che sale all'alpe di Orta Soliva, che si apre in alto alla nostra destra, e prendiamo a sinistra, aggirando il largo dosso boscoso che scende, verso nord-ovest, dal pizzo d’Orta (m. 2183). Usciti dal bosco, raggiungiamo la baita di quota 1856, al panoramico Dosso della Motta. Seguendo il cartello della GVO proseguiamo salendo in diagonale verso sinistra (per chi guarda a monte; qui la traccia non si vede) cercando la ripertenza del sentiero sul limite di una macchia di larici. Il sentiero taglia, nella boscaglia, il fianco ombroso del pizzo d'Orta (con un breve passaggio assistito dal corda fissa) e si affaccia all’anfiteatro della valle di Pedéna. Il sentiero ci porta ad un gruppo di tre cartelli semidivelti, tutti della GVO (Gran Via delle Orobie), che segnalano un bivio, ad una quota approssimativa di 1860 metri. Il cartello della GVO con direzione a salire indica che procedendo nella salita si raggiunge il passo di Pedena in un’ora e 10 minuti, per poi scendere all’alta Val Budria in un’ora e 40 minuti e quella della Val di Lemma in 3 ore e 30 minuti. Non seguiamo però questa indicazione, ma quella della variante bassa della Gran Via delle Orobie, che prosegue diritta. Ci portiamo così ad un rudere di baita con recinto ed imbocchiamo il sentiero che effettua la traversata dalla Val Pedena alla Valle di Lago. Proseguiamo in piano attraversando una fascia di prati ed ontani. Poi il sentiero inizia a salire leggermente, tagliando un versante ripido ed esposto, per cui va percorso con la massima attenzione. Superata una valletta, attraversiamo una fascia di roccette, salendo ad una nuova fascia di prati. Dopo un breve tratto in leggera discesa, ci avviciniamo alla soglia del lungo dosso che scende a nord-ovest dal pizzo delle Piodere. Dopo un ultimo tratto esposto il sentiero si porta sul più tranquillo filo del largo dosso, piegando a destra (est). Ci affacciamo così all'ampio bacino della Valle di Lago. Il sentiero piega ancora a destra e scende leggermente verso est-sud-est, attraversando una macchia di larici. Usciti dalla macchia, ci imbattiamo nella nuova pista sterrata che al momento (autunno 2020) giunge fin qui dall'alpe Piazza (in futuro verrà prolungata almeno fino alla Val Pedena, per cui la traversata della GVO si svolgerà su tale pista invece che sull'attuale sentiero). Da qui fino al rifugio Alpe Piazza seguiamo interamente la pista sterrata, che taglia, a quota 1880, un corpo franoso al centro di una valletta scoscesa. Piega poi leggermente a sinistra (nord-est) e procede pianeggiante in terreno aperto tagliando altre due franette. Attraversata una fascia con pochi larici, tagliamo un canalone, passiamo in leggera discesa fra radi larici e, attraversata una valletta, ci affacciamo ad un'ampia fascia di prati. Procedendo diritti raggiungiamo così la baita di quota 1824. Se vogliamo effettuare un interessante fuori programma, possiamo lasciamo la Gran Via delle Orobie, che procede diritta verso nord e piegare decisamente a destra (est), salendo lungo il declivio di prati a monte della baita. Dopo una breve salita intercettiamo un sentierno che sale a zig-zag fino al ripiano del baitone di quota 1909. Salendo ancora, sempre su sentiero ben marcato, ci portiamo, poco più avanti, alla baita quotata 1920 metri, con a lato un dosso erboso sormontato da una croce in legno. Procediamo diritti lasciando alle spalle la baita. Scendiamo per breve tratto e prendiamo a destra, seguendo un torrentello. Una breve salita ci porta nel cuore di una piccola conca glaciale, che ospita il Lago (m. 1931), un grazioso laghetto non così insignificante, se si considera che si tratta dell'unico laghetto dell'intera Valle del Bitto di Albaredo. Volgiamo ora le spalle al laghetto e procediamo, su un discreto sentiero, verso nord-nord-ovest, restando a destra del corso d'acqua che da esso esce. Dopo una manciata di minuti di discesa passiamo a lato di una nuova baita e scendiamo ad intercettare di nuovo la pista sterrata della Gran Via delle Orobie (variante meridionale), che seguiamo salendo lungo il ripido fianco occidentale del monte Lago, fra insidiosa "cera" (o erba visega) e radi larici. Dopo un breve tratto fra pini e larici, la pista si affaccia sull'ampio anfiteatro dell'alpe Piazza. Volgendo a destra (nord), ci portiamo al bivacco Legui (m. 1900), posto vicino ad un baitone. Proseguiamo tagliando l'alpeggio ad una quota di circa 1900 metri, sempre verso nord, con qualche saliscendi, e ci affacciamo quindi all'avvallamento che costituisce la parte alta della Valle Piazza, e scendiamo a superare il torrente Piazza su un ponticello. Volgendo a sinistra, ci portiamo subito al rifugio Alpe Piazza (m. 1835).


Apri qui una fotomappa del versante orientale della Valle del Bitto di Albaredo

La quinta giornata della Gran Via delle Orobie occidentali, o Sentiero Andrea Paniga, prevede anche una variante bassa, che si sdoppia in due tappe: la prima prevede la traversata dal rifugio Ca' San Marco al rifugio Alpe Piazza, sopra Albaredo per San Marco, la seconda la traversata da quest'ultimo al rifugio Beniamino, in Val Lunga (Val Tartano), dove la variante bassa si ricongiunge con il tracciato alto. La prima tappa della variante bassa descrive una splendida traversata degli alpeggi del versante orientale della Valle del Bitto di Albaredo, regno del celeberrimo formaggio Bitto, eccellenza nella produzione casearia alpina.


Apri qui una fotomappa dell'alta Valle del Bitto di Albaredo

Protagonista di questa tappa è, però, almeno nella sua prima parte, la celeberrima Via Priula, una delle più importanti strade tracciate in età moderna per agevolare i commerci fra la Valtellina, sotto la signoria delle Tre Leghe Grigie, e la bergamasca, compresa nei domini della Serenissima Repubblica di San Marco.
La via Priula è un elemento essenziale per comprendere la particolarissima storia della comunità di Albaredo (albarée), e soprattutto i forti legami che l'hanno rinsaldata, nei seocli scorsi, con Venezia. Tutto comincia nell'ultimo decennio del Cinquecento, quando i Veneziani, interessati ad una via commerciale che congiungesse i loro domini (che da Venezia si estendevano ininterrottamente fino al crinale orobico, quindi al passo di S. Marco) al nord Europa, passando per la Valtellina (per aggirare il milanese, sotto la dominazione spagnola, loro ostile, che aveva intensificato la navigazione dell’Adda ed il controllo del Lario), decisero, anche alla luce dei rapporti politici non cattivi con le Tre Leghe, di promuovere la costruzione di un nuovo tracciato che passasse proprio per il passo di S. Marco e la Valle di Albaredo. Fu il podestà veneto di Bergamo Alvise Priuli a caldeggiare questa nuova via ed a curarne, previo accordo con il governo delle Tre Leghe, la costruzione, nell’arco di un biennio circa (1590-92): in suo onore essa venne, dunque, battezzata “via Prìula”.
La strada, aperta nel 1592 dal capitano Zuane Quirini, fu percorsa da intensi traffici, soprattutto dopo che Venezia ebbe stretto, nel 1603, il trattato di alleanza con le Tre Leghe del settembre 1603. Sulla base di tale trattato la Serenissima concedeva, infatti, l’esenzione dai dazi sia alle merci prodotte in Italia ed esportate attraverso il passo di San Marco, sia a quelle valtellinesi e grigionesi esportate a Venezia. La strada, uscendo da Bergamo, passava per Zogno, Piazza e la Val Brembana, saliva al passo di san Marco per poi scendere a Morbegno, il che rendeva assai vantaggiosa l’utilizzazione di tale via. La strada, larga tre metri, era percorribile fino a Mezzoldo ed oltre Albaredo da “birozzi” (birocci), ovvero carri a due ruote; nel tratto intermedio, che scavalcava il valido di S. Marco, con animali da soma a pieno carico.


La Via Priula poco a valle del passo di San Marco

Si trattava di un manufatto ben costruito e tenuto, grazie ai numerosi muri di sostegno, canali di scolo, parapetti, piazzole di sosta, fontane e siti di sosta per il riposo. Non costituiva per Venezia un’insidia, in quanto dal punto di vista militare era facile da presidiare: bastavano un centinaio di soldati disposti nei punti strategici per bloccare eventuali invasioni di eserciti nemici e proteggere i mercanti; gli otto ponti sul torrente Bitto, costruiti per servirla, inoltre, in caso di necessità potevano essere distrutti, bloccando l’avanzata dei nemici. A Mezzoldo e ad Albaredo furono edificate una dogana e una stazione di posta. Appena sotto il passo di san Marco (che proprio da allora venne dedicato al santo protettore di Venezia e che era uno dei più bassi ed agevoli sull’intero arco orobico), sul versante della bergamasca, fu eretto un rifugio a due piani, con stalle e locali di ristoro, il cui edificio è ancora oggi conservato ed adattato a rifugio (Rifugio Casa Cantoniera Ca’ San Marco); ai gestori del rifugio toccava, oltre al compito di ospitare mercanti e soldati, anche quello di tenere aperta e pulita la strada durante l'inverno.
Dobbiamo tener presente che in quel periodo la pulizia invernale era più agevole di quanto non lo sia ora: le condizioni climatiche, sul finire del Cinquecento, risentivano, infatti, di un innalzamento medio sensibile delle temperature che si estese dal Medio-Evo ad almeno tutto il Seicento e che permetteva, per esempio, di coltivare le patate, in val d’Orta, nella Valle di Albaredo, a 1700 metri di quota.



La Val Brembana vista dal passo di San Marco

Questo dato di storia del clima aiuta a comprendere la vitalità di una via commerciale così alta e, nel contempo, la sua successiva decadenza, quando, fra i secoli XVIII e XIX, le condizioni climatiche mutano decisamente e si va incontro ad una sorta di piccola glaciazione. I resoconti del volume di traffici che sfruttavano la via Priula testimonia questa vitalità: “…dalla valle transitano i ricchi convogli di mercanzie da e per Venezia, 684 colli di merce varia dall’Italia verso l’Europa centro-occidentale e 784 in direzione inversa… (da un rapporto segreto citato nell’opera di Patrizio Del Nero "Albaredo e la Via di San Marco", Editour, 2001). Ecco qual è l’origine di quei rapporti saldissimi fra Albaredo e Venezia, i cui segni colpiscono ancora chi si trovasse a visitare il paese orobico e sostasse nella sua centrale piazza… S. Marco, dove la statua del leone, simbolo dell’Evangelista, è posta quasi a guardia della chiesa e dove un dipinto collega idealmente questa piccola piazza orobica alla più illustre ed universalmente nota piazza di Venezia."


Pozza al passo di San Marco

Del primo tratto della via, prima che fosse tracciato quello più impegnativo che sale al passo, e dei nuclei che vi si trovano parla anche Feliciano Ninguarda, vescovo di Como di origine morbegnese, nel resoconto della sua visita pastorale del 1589: "Sul monte sopra Morbegno lungo la strada verso la giurisdizione di Bergamo, distante due miglia da Morbegno c'è la frazione di Valle con quaranta famiglie tutte cattoliche, dove esistela chiesa di S. Matteo apostolo, il cui rettore è il sacerdote Melchiorre di Appiano diocesi di Milano. A mezzo miglio a sinistra della frazione si trova Arzo con quarantacinque famiglie tutte cattoliche, con la chiesa di S. Giovanni Battista, unita alla chiesa di Valle. Vicino c'è Tertusei con sei famiglie cattoliche parimenti soggetto a detta chiesa e a destra non lontano dal villaggio di Valle c'è Campo Erbolo con circa trenta famiglie, soggetto alla ricordata chiesa di S. Matteo. Sullo stesso monte a un miglio oltre Campo Erbolo c'è Albaredo con sessanta famiglie tutte cattoliche, con la chiesa vicecurata dedicata a S. Rocco; ne è rettore il sacerdote Giovan Battista Quadrio Peranda di Morbegno".


Gruppo del Masino dal Passo di San Marco

Nella “Guida alla Valtellina” del 1884, edita dal CAI di Sondrio a cura di Fabio Besta (II ed.), si legge: “Una strada di recente costrutta, quasi carrozzabile, lascia Morbegno e con brevi e numerosi andirivieni, attraverso vigneti e selve, sale le falde del monte, fino a entrare nella valle del Bitto per la pendice orientale, al di sopra del profondo e dirupato burrone per cui essa trova sbocco. Poi in ripida salita, passando attraverso vari casolari, e sempre per luoghi ameni, conduce ad Albaredo (800 m.) (421 ab.). di là una strada mulattiera ben tenuta sale ancora per poco fino ai casali di Sarten e alla Madonna delle Grazie, poi, abbassandosi, raggiunge il torrente che scende dalla Valle Pedena… , quindi, attraversando con varie giravolte una stupenda foresta di abeti e larici, sale al dosso Cerico, casolare in amenissima posizione. Poscia continua addentrandosi nella Val d’Orto fino al passo (1826 m. ), in prossimità del quale vi ha una cantoniera o casa di rifugio detta Ca di San Marco, dove i viaggiatori possono trovare conforto di cibo e qualche letto per riposare. Da Ca di San Marco, per la Val Mora, si scende ad Averara, e quindi a Olmo sul Brembo, e di là a Piazza, a S. Pellegrino e a Bergamo. Da Morbegno al passo occorrono circa cinque ore e mezza di cammino; dal passo a Olmo circa tre ore.


Il Passo di San Marco (al centro dell'immagine)

La Strada di San Marco, dichiarata provinciale, è mantenuta lungo la Valle del Bitto a spese dell’intera Provincia. Essa è la migliore e la meno alta fra le varie strade che attraversano la catena Orobia. È tuttavia molto frequentata: in passato, prima della costruzione della strada carrozzabile da Lecco a Colico, era frequentatissima giacchè per essa passavano le mercanzie che da Venezia e dallo Stato Veneto si importavano nella Svizzera e Germania orientale per i valichi dello Spluga, del Septimer e del Maloja.”
Per la verità con la fine della dominazione delle Tre Leghe Grigie sulla Valtellina (1797) la Via Priula perse gradualmente la sua importanza, ed il passo la vivacità dei transiti. Un secolo e mezzo dopo, però, si rianimò di nuova vita con la nuova carrozzabile, percorsa non solo da autoveicoli, ma anche da molti motociclisti e ciclisti.

Dal Passo di San Marco al Dosso della Motta, sulla base di Google Earth (fair use)

Il cammino ha inizio con la salita dal rifugio Ca' San Marco al passo di San Marco (m. 1992), scavalcato da una strada asfaltata che congiunge la Val Brembana con la bassa Valtellina, in quanto scende fino a Morbegno, passando per Albaredo (albarée).
La salita non segue però la strada carrozzabile, ma subito sfrutta la Via Priula che troviamoalle spalle del rifugio e che risale il ripido pendio erboso fino alla piana del passo.


Il passo di San Marco

Il passo viene chiuso nei mesi invernali, ma è molto frequentato dalla tarda primavera all’autunno inoltrato. La realizzazione della strada venne promossa negli anni Sessanta del secolo scorso dagli amministratori della Val Brembana, e da questa valle ha per la prima volta raggiunto il passo. Negli anni successivi è stato realizzato il tracciato che sale al passo dal versante valtellinese, ed oggi il passo di San Marco è uno dei più suggestivi valichi montani, per la sua apertura, panoramicità e luminosità.


Apri qui una panoramica sul passo di San Marco (a sinistra) e la Valle del Bitto di Albaredo

Scendiamo ora dal passo in Valle di Albaredo restando sulla Via Priula. La troviamo a sinistra della strada, vicino all’aquila che sorveglia il passo. Scende verso nord, con un tracciato tranquillo, ad alcuni dossi erbosi sottostanti, poi comincia a perdere quota in uno scenario ingentilito da radi larici, fino a piegare leggermente a destra e calare, con qualche ripido tornante, alla piana dell’alpe di Orta Vaga (1694). Qui però dobbiamo lasciare la Via Priula, perché il sentiero della Gran Via delle Orobie se ne stacca proprio in corrispondenza della casera: dobbiamo, infatti, seguendo le segnalazioni, prendere a destra, raggiungere le baite dell’alpe e, sfruttando la pista che le congiunge alla strada asfaltata (provinciale per il passo di San Marco), risalire a quest’ultima, dopo aver attraversato il torrente.


Apri qui una fotomappa dei sentieri dell'alta Valle del Bitto di Albaredo

Percorriamo ora la strada provinciale in salita, verso destra, superiamo un tornante sinistrorso e, al successivo tornante destrorso, la lasciamo, sfruttando un sentiero poco visibile alla partenza: resta sulla destra della Val d'Orta, sale diritto sul fianco erboso, entra in una macchia di ontani e passa da destra a sinistra su un ponticello, proseguendo la salita. A quota 1900 lasciamo a destra la traccia che sale all'alpe di Orta Soliva, che si apre in alto alla nostra destra, e prendiamo a sinistra, aggirando il largo dosso boscoso che scende, verso nord-ovest, dal pizzo d’Orta (m. 2183). Usciti dal bosco, raggiungiamo la baita di quota 1856, al Dosso della Motta, su una larga striscia di panoramici pascoli, anch’essi legati alla produzione del famoso Bitto.


Baita più alta del dosso della Motta

Alla baita troviamo un nuovo gruppo di cartelli; seguendo quello della GVO procediamo salendo leggermente in diagonale verso sinistra (per chi guarda a monte; la traccia qui latita), fra radi larici, cercando con attenzione la traccia di sentiero che taglia, nella boscaglia, il fianco ombroso del pizzo d'Orta (con un breve passaggio assistito dal corda fissa) e si affaccia all’anfiteatro della valle di Pedéna, sul cui crinale è collocata l’ampia sella che costituisce il passo omonimo, incorniciato a destra (sud) dal monte Azzarini (m. 2431) ed a sinistra (nord) dal monte Pedena (m. 2399).
Il sentiero ci porta ad un gruppo di tre cartelli semidivelti, tutti della GVO (Gran Via delle Orobie), che segnalano un bivio, ad una quota approssimativa di 1860 metri. Nella direzione della discesa dalla Val Pedena un cartello indica l’alpe Lago e l’alpe Piazza, data ad un’ora e 20 minuti (si tratta della variante bassa della GVO). Un secondo cartello indica nella direzione dalla quale proveniamo l’alpe Orta ed il passo di San Marco, dato ad un’ora e 50 minuti. Il terzo cartello della GVO indica che procedendo nella salita si raggiunge il passo di Pedena in un’ora e 10 minuti, per poi scendere all’alta Val Budria in un’ora e 40 minuti e quella della Val di Lemma in 3 ore e 30 minuti.


Apri qui una fotomappa del sentiero che sale in Val Pedena ed al bivio prende a sinistra traversando verso la Val di Lago

Seguiamo la prima opzione, cioè la variante bassa della Gran Via delle Orobie, quindi prendiamo a sinistra. Non dobbiamo percorrere a rovescio l’itinerario di salita, ma portarci al rudere di baita con recinto e di qui imboccare il sentiero che effettua la traversata dalla Val Pedena alla Valle di Lago.


Apri qui una fotomappa della traversata dalla Val Pedena alla Valle di Lago

Iniziamo così, su sentiero sempre visibile e segnalato da segnavia bianco-rossi, la traversata che nel primo tratto taglia, quasi in piano, verso nord-ovest, il selvaggio e ripido versante che si stende ai piedi e ad ovest del pizzo delle Piodere (m. 2206). Passiamo così per il rudere di baita con recinto e proseguiamo in piano attraversando una fascia di prati ed ontani. Poi il sentiero inizia a salire leggermente, tagliando un versante ripido ed esposto, per cui va percorso con la massima attenzione. Superata una valletta, attraversiamo una fascia di roccette, salendo ad una nuova fascia di prati. Dopo un breve tratto in leggera discesa, ci avviciniamo alla soglia del lungo dosso che scende a nord-ovest dal pizzo delle Piodere. Dopo un ultimo tratto esposto il sentiero si porta sul più tranquillo filo del largo dosso, attraversa una fascia di prati a monte della baita Stabiena (che resta più bassa, a quota 1793 metri, mentre noi siamo ad una quota di circa 1880 metri) e piegando a destra (est).


Apri qui una fotomappa della salita all'alpe Lago ed al monte Pedena

Ci affacciamo così all'ampio bacino della Valle di Lago. Il sentiero piega ancora a destra e scende leggermente verso est-sud-est, attraversando una macchia di larici sul versante settentrionale del pizzo delle Piodere. Usciti dalla macchia, ci imbattiamo nella nuova pista sterrata che al momento (autunno 2020) giunge fin qui dall'alpe Piazza (in futuro verrà prolungata almeno fino alla Val Pedena, per cui la traversata della GVO si svolgerà su tale pista invece che sull'attuale sentiero).


Apri qui una panoramica del lago della Valle di Lago

Da qui fino al rifugio Alpe Piazza seguiamo interamente la pista sterrata, che taglia, a quota 1880, un corpo franoso al centro di una valletta scoscesa. Piega poi leggermente a sinistra (nord-est) e procede pianeggiante in terreno aperto tagliando altre due franette. Attraversata una fascia con pochi larici, tagliamo un canalone, passiamo in leggera discesa fra radi larici e, attraversata una valletta, ci affacciamo ad un'ampia fascia di prati. Procedendo diritti raggiungiamo così la baita di quota 1824.


Il lago della Valle di Lago

Se vogliamo effettuare un interessante fuori programma, possiamo lasciamo la Gran Via delle Orobie, che procede diritta verso nord e piegare decisamente a destra (est), salendo lungo il declivio di prati a monte della baita. Dopo una breve salita intercettiamo un sentierno che sale a zig-zag fino al ripiano del baitone di quota 1909.


Apri qui una fotomappa della Valle di Lago

Salendo ancora, sempre su sentiero ben marcato, ci portiamo, poco più avanti, alla baita quotata 1920 metri, con a lato un dosso erboso sormontato da una croce in legno. Procediamo diritti lasciando alle spalle la baita. Scendiamo per breve tratto e prendiamo a destra, seguendo un torrentello. Una breve salita ci porta nel cuore di una piccola conca glaciale, che ospita il Lago (m. 1931), un grazioso laghetto non così insignificante, se si considera che si tratta dell'unico laghetto dell'intera Valle del Bitto di Albaredo.


Bivacco Legüi e monte Disgrazia

Volgiamo ora le spalle al laghetto e procediamo, su un discreto sentiero, verso nord-nord-ovest, restando a destra del corso d'acqua che da esso esce. Dopo una manciata di minuti di discesa passiamo a lato di una nuova baita e scendiamo ad intercettare di nuovo la pista sterrata della Gran Via delle Orobie (variante meridionale), che seguiamo salendo lungo il ripido fianco occidentale del monte Lago, fra insidiosa "cera" (o erba visega) e radi larici. Dopo un breve tratto fra pini e larici, la pista si affaccia sull'ampio anfiteatro dell'alpe Piazza.
Volgendo a destra (nord), ci portiamo al bivacco Legüi (voce dialettale che significa "lago", m. 1900), posto vicino ad un baitone.


Apri qui una panoramica del rifugio Alpe Piazza sullo sfondo del gruppo del Masino

Scendendo lungo l’alpe Piazza notiamo alcuni calecc’, uno degli elementi più tipici della civiltà dell’alpeggio. Ne scrive Antonio Boscacci nell’articolo citato: “I calecc’ sono ricoveri molto diffusi costituiti da un muretto a secco alto all’incirca un metro, dotato di un’apertura che funziona da porta. Il tetto di questa strana costruzione è un grande telo, che viene tenuto sospeso da un palo, teso tra altri due, in modo da formare due spioventi che si appoggiano su due lati del muretto. Questo, a parte il telo che è di plastica, succede nelle Valli del Bitto da molti secoli ed a testimoniarlo restano le centinaia di calecc’ sparsi ovunque tra i pascoli. Mano a mano che il bestiame si sposta, i pastori spostano il tetto, adattandolo ad un altro calecc’. Questo è anche il mezzo più semplice ed economico per poter fare il formaggio subito dopo la mungitura, con il latte ancora caldo (come si deve fare producendo il Bitto).


Monte Lago ed alpe Piazza

Proseguiamo tagliando l'alpeggio ad una quota di circa 1900 metri, sempre verso nord, con qualche saliscendi. Ci affacciamo quindi all'avvallamento che costituisce la parte alta della Valle Piazza, e scendiamo a superare il torrente Piazza su un ponticello. Volgendo a sinistra, ci portiamo subito al rifugio Alpe Piazza (m. 1835).


Apri qui una fotomappa della discesa dalla bocchetta del Pisello (o del Culino) ai Cornelli

Il rifugio, in eccellente posizione panoramica, dispone di 24-30 posti letto. Per informazioni si può consultare il sito http://www.rifugioalpepiazza.it (oppure scrivere a nadiacavallo@libero.it o telefonare ai numeri 338 4647620, 338 4647620 e 335 7085054).
Qui ci fermiamo per pernottare, in attesa della seconda tappa che ci porterà al rifugio Beniamino, in Val Lunga (Val Tartano).


Il rifugio Alpe Piazza

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