
CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza
in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Rif. Marinelli-Bocchetta di Caspoggio-Alpe Fellaria-
Rif. Bignami |
4 h |
350 |
EE |
SINTESI. Scendiamo dal rifugio Marinelli-Bombardieri al Bernina fino ai piedi dello sperone roccioso dove,
invece di proseguire a destra, verso la bocchetta delle Forbici, seguiamo la deviazione segnalata a sinistra (sud-est), in direzione del limite inferiore di sinistra della vedretta di Caspoggio.
Risalita una ganda, tocchiamo un nevaietto a valle rispetto alle roccette che chiudono il ghiacciaio
a sinistra. Messo piede sul ghiacciaio, seguiamo le tracce di coloro che sono già transitati
ad indicarci la via di risalita: pur essendo il ghiacciaio, nel suo lato nord-orientale
(di sinistra) poco crepacciato, non lo si deve mai prendere sottogamba. Descriviamo così un arco (sud-est) verso destra, in direzione della ben visibile bocchetta di Caspoggio (m. 2983). Una corda fissa aiuta a superare un liscio piano inclinato roccioso. Poi, toccata la prima neve, descriviamo un arco di cerchio
sulla destra, fino a raggiungere i primi massi di un largo vallone detritico.
La traccia, raggiunto il limite di una sorta di ampio balcone, comincia
a scendere più decisamente, serpeggiando fra i massi di un ampio vallone (direzione est). Pieghiamo poi leggermente a destra, ed ancora a sinistra, allontanandoci dal centro del vallone. Scendiamo così all'ampio ripiano dell' alpe di Fellaria (m. 2400), che raggiungiamo dopo aver piegato a destra ed attraversato un torrentello. Pieghiamo poi a sinistra ed in breve siamo al rifugio Bignami (m. 2380). |
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Nella
settima tappa ci porteremo decisamente sul limite nord-orientale della
Valmalenco, percorrendone anche per un tratto la linea di confine con il
territorio svizzero della Val Poschiavina.
Imbocchiamo dunque il largo sentiero che dal rifugio Bignami scende verso il
muraglione del grande lago creato dalla diga di Gera.
Il sentiero percorre il fianco orientale del Sasso Moro e non presenta
alcuna difficoltà, ma va percorso con attenzione perché il versante montuoso
può scaricare a valle, soprattutto ad inizio stagione, dei massi. |
Raggiunto
il camminamento che percorre la sommità del grande muraglione della diga, ci
portiamo sul lato opposto, dal quale possiamo godere di un eccellente
panorama sulla parte orientale della testata della Valmalenco. Al centro
dello scenario si colloca ora la grande mole del Sasso Rosso (m. 3481),
dietro il quale si intravede il passo di Sassi Rossi (m. 3510) che introduce
all'altopiano di Fellaria.
Appena visibile, fra la vedretta di Fellaria e la vedretta di Fellaria
orientale, si scorge il più orientale dei colossi del gruppo del Bernina, il
piz Palü (m. 3905). |
Dal
lato orientale della sommità del muraglione della diga (m. 2060) parte una
carrozzabile che ne percorre il lato est: imbocchiamola, dopo aver gettato
un'occhiata alla sottostante e più piccola diga di Campomoro (m. 1990), alle
cui spalle è ben riconoscibile il profilo del monte Disgrazia.
Attraversiamo anche una piccola galleria, all'uscita dalla quale riusciamo
ad individuare facilmente, a sinistra del Sasso Rosso, il piz Argient ed il
piz Zupò, che mostrano solo la loro cima. |
Dopo
un breve percorso giungeremo ad un bel terrazzo, in corrispondenza del
quale la strada, presidiata ai lati da alcuni grandi massi, piega a destra
per salire in val Poschiavina.
La salita conduce ben presto ad un ponte sul torrente della valle, al
quale scende un sentiero che si stacca sulla sinistra dalla strada: si
tratta del percorso necessario per effettuare il giro del lago di Gera.
A questo punto della tappa si può però giungere anche percorrendo una
variante interessante, che, semplicemente, aggira il lago con un semicerchio
simmetrico, seguendone quindi il lato nord-orientale. Torniamo quindi
al rifugio Bignami ed imbocchiamo un sentierino che parte, segnalato da
segnavia rosso-bianco-rossi, alle sue spalle, scendendo deciso in un vallone
che confluisce nel grande anfiteatro terminale della val Lanterna, occupato
da una quantità enorme di materiale detritico e delimitato dal gradino
roccioso dal quale scendono le cascate di Fellaria. |

Il sentiero scende inizialmente verso nord est, poi piega più a destra
e, attraversato il vallone su un primo ponte, si dirige verso la parte
alta dell'antiteatro, percorsa da un gran numero di torrentelli che si
diramano da tre grandi cascate.
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Si tratta del cosiddetto "sentiero dei ponti", perché sono proprio sette
comodi ponticelli a permetterci di superare questi torrentelli, che possono
assumere una portata non indifferente.
Nella traversata verso il lato orientale dell'anfiteatro abbiamo modo di
ammirare le tre grandi cascate che scendono fragorosamente da un alto salto
roccioso.
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Attraversato
il circo detritico, saliamo alla verde conca che ospita l'alpe Gembrè
(m. 2224) e, dopo averne raggiunto il limite meridionale, dove troviamo
un'evidente croce, ci incamminiamo su un tratturo che fiancheggia, rialzato,
il lato orientale della diga di Gera.
Il tratturo è scavato nella roccia e giungeremo ad un punto nel quale
questa sembra proprio incombere sopra la nostra testa.
Poi, dopo un buon tratto, pieghiamo a sinistra, seguendo il sentiero che
sale, con ripidi tornanti, su un dosso che ci permette di addentrarci
nella val Poschiavina, raggiungendone il primo pianoro, dal limite del
quale, volgendo a sinistra, scendiamo al ponte sul torrente sopra menzionato. |
Siamo
dunque alle baite dell'alpe Poschiavina (m. 2230), che suscita un senso di
ordine, apertura e luminosità.
Dobbiamo ora risalire interamente la valle, fino al suo limite orientale.
Si tratta di un percorso facile e rilassante, segnato, se la giornata è
buona, dallo splendore delle tonalità di un verde che conferisce alla valle
un'impronta di vita anche quando non vi si trovano ancora (o non ci sono
più) mucche e pastori.
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Rimanendo
sempre a sinistra del torrente, ci approssimiamo ad una larga porta delimitata
da due grandi formazioni rocciose (vedi foto a sinistra), porta che ci
introduce ad un secondo grande ripiano, dove la valle termina.
Nel tranquillo percorso che ci avvicina alla fascia di rocce che la delimitano
ad est possiamo gustare la bellezza del luogo. Alla nostra sinistra grandi
dossi erbosi salgono verso il crinale, dove si può individuare quel passo
di Ur (m. 2520) al quale sale un sentiero che si stacca a sinistra dall'alta
via. Alla nostra destra, sul fianco meridionale, accidentato e sassoso,
della valle, il torrentello che scende dalla vedretta dello Scalino precipita
fragorosamente da un salto roccioso.
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Raggiunto
il limite orientale della valle, dobbiamo salire fra alcune roccette,
prestando attenzione ai triangoli gialli ed ignorando i segnavia bianco-rosso-bianchi
che indicano il sentiero che, alla nostra sinistra, volge in direzione
del passo di Ur.
Raggiunto il crinale, fermiamoci a gettare un'occhiata sulla valle percorsa,
che ci apparirà in tutta la sua serena bellezza, impreziosita da una cornice
di tutto rispetto, perché sullo sfondo, inaspettatamente, compariranno
ai nostri occhi le imponenti cime del gruppo del Bernina: ecco infatti
di nuovo, da sinistra, i pizzi Roseg, Scerscen e (appena intuibile) Bernina,
poi, in primo piano, la coppia Argient-Zupò, alla cui destra, arretrato,
si scorge anche il piz Palü. Curiosamente, la settima tappa è l'unica
a regalarci angoli visuali ravvicinati dai quali tutte le grandi cime
del gruppo (quelle che superano i 3900 metri, intendo) siano visibili
contemporaneamente. |

Sul crinale troviamo anche alcuni cippi di confine, che risalgono al 1930 e
che, con le lettere "I" ed "S", puntualizzano dove il territorio italiano e
quello svizzero si incontrano (preferisco dir così, piuttosto che
"terminano").
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Potremo così permetterci il gioco di starcene tranquillamente con una scarpa
qui e l'altra là, in una beata sospensione che gode della bellezza nascosta
di questo angolo forse poco conosciuto della catena retica.
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Seguiamo
poi i segnavia che ci accompagnano nella tranquilla traversata di queste
terre di confine, verso quel passo di Canciano (o di Cancian, m. 2464)
che un cartello ci segnala in corrispondenza di un pianoro dal quale parte
l'omonima valle svizzera, laterale di destra della Val Poschiavina (dal
pianoro si scorge, sul lato destro della val Canciano, un grande masso
che sembra curiosamente sospeso in equilibrio precario, quasi fosse lì
lì per cadere).
Nel nostro tranquillo camminare incontreremo anche una vera e propria
perla, un piccolo specchio d'acqua nel quale si riflettono i giganti del
gruppo del Bernina. |

Il percorso comincia poi a volgere verso destra e ci conduce ad attraversare
il torrente che scende dalla vedretta del pizzo Scalino e che, più in
basso, precipita nella cascata citata.
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Oltre
il torrente saliamo ad un nuovo pianoro dove ci attende una nuova sorpresa,
un sistema costituito da cinque laghetti, ai piedi di un gradone roccioso
sopra il quale è ben visibile la vedretta del pizzo Scalino (vedi foto
sotto, a destra). Oltrepassato il primo laghetto ci troviamo ai piedi
di un grande dosso erboso, sovrastato da un ometto ben visibile: potremmo
facilmente risalirlo, seguendo una traccia di sentiero, per poi scendere
verso sinistra al pianoro sottostante. L'alta via descrive però un percorso
un po' più lungo. |
Se
prestiamo attenzione ai triangoli gialli, infatti, questi ci guidano fino
ai piedi di un pronunciato dosso morenico, del quale percorriamo per un
buon tratto il filo, per poi deviare verso destra, scendere ad un valloncello
e risalire sul lato opposto, raggiungendo il limite di un ampio pianoro,
occupato da grandi massi.
Si tratta dello stesso pianoro al quale possiamo scendere dal dosso erboso
se optiamo per la prima soluzione. In ogni caso dobbiamo però prestare
attenzione, perché l'alta via effettua qui una decisa svolta a destra,
attraversando il pianoro in diagonale e raggiungendo il limite superiore
di un grande vallone, che scende verso l'alpe Campagneda. |
Ed
è proprio al limite superiore di questo vallone che troviamo il cartello che
segnala il secondo passo valicato da questa settima tappa, il passo di
Campagneda (m. 2626).
Inizia così una lunga discesa sul lato sinistro del grande vallone.
Non si tratta però, come accade spesso nelle discese su terreno accidentato,
di un noioso tributo pagato all'itinerario escursionistico, perché altre
piacevoli sorprese accompagnano i nostri passi. |

Nella discesa, infatti, incontriamo, alla nostra destra, il bel sistema dei
laghetti di Campagneda, su ripiani successivi di roccia, in una disposizione
detta "a rosario".
Certo, si dirà, si tratta di una sorpresa per modo di dire, perché, carte
alla mano, sappiamo che i laghetti ci sono e che l'alta via ci passa molto
vicina.
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Eppure il successivo mostrarsi di questi specchi d'acqua, che dal passo non
si vedono, suscita comunque un piacevole stupore.
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L'emozione
estetica legata a questa discesa è arricchita, sulla nostra sinistra, dalla
bella ed inusuale prospettiva dalla quale il pizzo Scalino ci appare
(finalmente, perché nella prima parte della tappa ne abbiamo visto solo la
vedretta, chiusa ad est dal pizzo Canciano).
Possiamo facilmente riconoscere anche la sella a ridosso del Cornetto, alla
quale sale il sentiero percorso da chi sale al pizzo per la via più
frequentata.
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Raggiunto
l'ampia e verde spianata dell'alpe Campagneda superiore, poco al di sotto
del terzo ed ultimo laghetto (senza contare qualche secchio d'acqua minore),
pieghiamo a sinistra, verso sud, iniziando una sorta di traversata nel
deserto.
Si tratta, beninteso, di un deserto verde, ma l'impressione è proprio
questa, perché per un buon tratto non vediamo altro che prati e piccoli
dossi occupati da formazioni rocciose, e ci chiediamo dove siano baite ed
alpeggi. |
Nella
traversata i segnavia ci assistono poco, perché li si trova solo ogni tanto,
su qualche sasso.
Dobbiamo quindi prestare un po' di attenzione, evitando la tentazione di
piegare a destra e di scendere a vista.
Teniamoci dunque nella parte centrale del largo corridoio verde, puntando ad
una prima fascia di roccette che superiamo valicando una facile porta.
Sulla nostra sinistra il pizzo Scalino perde gradualmente il suo profilo
slanciato ed elegante, assumendone uno più tozzo e massiccio. |

Prestando attenzione a non seguire un'invitante e marcata traccia che
piega a sinistra, raggiungendo il piede del fianco montuoso e salendo
al Cornetto (è la traccia seguita da coloro che vogliono scalare il pizzo
Scalino), proseguiamo, incontrando altri piccoli dossi ed alcuni pianori
erbosi veramente incantevoli.
Alla fine, percorsa l'ultima spianata, giungiamo in vista della meta. |