
CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza
in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Rifugi Gerli-Porro e Ventina-Alpe Forbesina-Alpe Laresin-Val Sissone-Passo della Corna di Sissone di Dentro-Rifugio Del Grande-Camerini-Alpi Vazzeda superiore ed inferiore-Chiareggio |
7h |
1020 |
EE |
SINTESI. Dai rifugi Gerli-Porro o Ventina si scende verso Chiareggio lungo il tratturo che ben presto propone una coppia di tornanti sx-dx, in corrispondenza della quale lo si lascia imboccando sulla sinistra il segnalato sentiero che scende diretto al fondovalle. Qui troviamo il ponte sul torrente Ventina, oltrepassato il quale ci portiamo a sinistra (ovest), ai ponti sui rami del Mallero che scende dalla Val Sissone, giungendo all' alpe Forbesina, dove intercettiamo il sentiero che proviene dal ponte sul Mallero del Muretto. Prendiamo a sinistra (sud-ovest), seguendo i triangoli gialli, in direzione della Val Sissone e raggiungiamo le baite dell' alpe Laresìn (m. 1710). Ignorata
anche la deviazione che sale a destra nel bosco alla volta dell'alpe Sissone (sisùm de fò),
proseguiamo verso sud-ovest, su un
sentiero spesso faticoso perché disseminato di massi, che si addentra
nella valle, lasciandosi alle spalle gli ultimi radi larici. Passiamo a valle di una pronunciata gola rocciosa, ben visibile alla nostra destra. ad un certo punto il tracciato devia a destra e risale il
fianco della valle, seguendo una traccia molto incerta fra magri pascoli.
Raggiungiamo così un piccolo pianoro e ci troviamo di fronte ad
una cascata di portata limitata ma dal salto considerevole. Attraversato
il torrentello, riprendiamo la salita, che si fa più
ripida. Ora la traccia piega a destra,
descrivendo un ampio arco, salendo gradualmente e superando un grosso e caratteristico masso biancastro. Procediamo ora in direzione nord-ovest.
Oltrepassati alcuni valloncelli, puntiamo in direzione del crinale roccioso
che scende dal fianco sud-orientale della cima di Vazzeda. Il sentiero
raggiunge una ben visibile spaccatura nella roccia: si tratta del Passo
della Corna di Sissone di dentro (m. 2438), che permette di passare dall'alpe
Sissone di dentro all'alpe Sissone. La discesa all'alpe è facile e sfrutta, nel primo tratto, un bel
sentiero scalinato. Segue una nuova traversata sostanzialmente
pianeggiante, finché giungiamo al punto (m. 2290) in cui l'Alta
Via intercetta il sentiero che sale direttamente dall'alpe Laresin all'alpe
Sissone (segnavia rosso-bianco-rossi). Ora il sentiero piega a sinistra (nord-nord-ovest e nord),
salendo ripido alla costiera ("i curnèli") che separa l'alpe Sissone dall'ampio terrazzo
che si trova sotto la piccola vedretta di Vazzeda. Raggiunta la base del
crinale roccioso, dobbiamo superarlo con qualche semplice passo di arrampicata (tratto attrezzato al buchelìgn). Dopo un'ultima breve salita siamo quindi al rifugio Del Grande-Camerini (m. 2580). Seguendo le indicazioni poste su un grande masso poco sotto il
rifugio, seguiamo nel primo tratto la direzione che punta direttamente
al fondovalle (est-nord-est), per poi piegare a sinistra (nord), iniziando una lunga diagonale che, superati alcuni valloncelli,
conduce al limite superiore di un bel bosco di larici, dove il sentiero
piega a destra (est). L'ulteriore discesa nel bosco (est-sud-est) ci permette di raggiunge
il limite superiore dell' alpe Vazzeda superiore, dove ci raggiunge da sinistra il sentiero che scende dalla sella del Forno (segnavia
bianco-azzurri). Attraversata l'alpe e raggiunto il suo limite inferiore,
scendiamo attraverso un largo corridoio, in direzione (sud-est) dell' alpe Vazzeda
inferiore. Attraversata anche quest'alpe, riprendiamo il sentiero che, nel suo limite
inferiore, riparte tagliando decisamente a destra e raggiungendo in breve
un torrentello, superato il quale troviamo ad un bivio segnalato.
Proseguendo a destra raggiungiamo il rifugio Tartaglione-Crispo, dove
possiamo pernottare. Scendendo invece a sinistra ci ritroviamo al ponte
sul Màllero, varcato il quale percorriamo la bella pineta del Pian
del Lupo, su una comoda strada sterrata che ci porta al grande parcheggio
di Chiareggio. |
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La
terza tappa, insieme alla quinta, è quella che riserva le maggiori emozioni,
perché gli scenari che apre improvvisamente al nostro sguardo sono semplicemente
grandiosi, e mettono in seria difficoltà il povero cronista, che fatica
non poco a trovare aggettivi adeguati ad evocarne l'impatto di forte suggestione
visiva.
Partiamo dai rifugi Gerli-Porro e Ventina (o, se abbiamo preferito scendere
in paese, da Chiareggio). Scendendo dai rifugi, troviamo, dopo un breve
tratto, un tornante sinistrorso, seguito subito da uno destrorso. Fra i
due tornanti è facilmente individuabile un sentiero che si stacca sulla
sinistra dal tratturo. Una scritta su un masso ci indica che si tratta del
sentiero che porta all'alpe Forbesina (o Forbicina). Il sentiero scende
verso il fondovalle e ne percorre il lato destro. Ad un certo punto si può
seguire una deviazione a sinistra, che varca il torrente Ventina e si addentra
nel primo tratto del lato sud-orientale della val Sissone, fino ad un ponte
sul ramo del torrente Màllero che scende dalla valle, ponte che ci permette
di passare sul lato opposto, proseguendo nel percorso dell'alta via. E'
però preferibile ignorare la deviazione e proseguire fino all'alpe Forbesina
(m. 1640), che si raggiunge valicato il Màllero, per poi dirigersi a sinistra,
verso l'interno della valle, sul suo lato nord-occidentale. Ignorata la
deviazione a destra per il rifugio Tartaglione-Crispo (sentiero che permette
anche, per una via più breve rispetto all'alta via, di raggiungere il rifugio
Del Grande-Camerini), raggiungiamo così la bucolica alpe Laresin (m. 1710,
vedi foto sopra). |
Ignorata
anche la deviazione che sale a destra nel bosco alla volta dell'alpe Sissone,
seguiamo gli ormai famigliari triangoli gialli, il cui tracciato, su un
terreno spesso faticoso perché disseminato di massi, si addentra nella valle,
lasciandosi alle spalle gli ultimi radi larici. Superiamo così una pronunciata
gola rocciosa, ben visibile alla nostra destra.
Diritte davanti ai nostri occhi sono invece facilmente riconoscibili le
tre cime di Chiareggio (vedi foto a destra), e precisamente, da sinistra,
la cima meridionale (m. 3093, immediatamente a destra del passo di Mello,
fra val Sissone e val Cameraccio), la cima centrale (m. 3107) e la cima
settentrionale (m. 3203). Quest'ultima, conosciuta anche come punta Baroni,
non è soltanto la più elevata, ma anche senz'altro la più elegante, con
il suo vertice conico dalle forme possenti ed armoniose e con il singolare
e pronunciato spigolo orientale. La cima è dedicata alla memoria della guida
alpina bergamasca Antonio Baroni, che proprio su queste montagne, alla fine
dell'ottocento, ebbe modo di dimostrare tutto il suo valore.
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Ma
non distraiamoci: non dobbiamo, infatti, perdere d'occhio i segnavia, perché
ad un certo punto il tracciato devia a destra e risale il fianco della valle,
seguendo una traccia molto incerta fra magri pascoli. Raggiungiamo così
un piccolo pianoro e ci troviamo di fronte ad una cascata di portata limitata
ma dal salto considerevole. Attraversato il torrentello, riprendiamo la
salita, che si fa sempre più ripida, mettendo a dura prova muscoli e polmoni.
Guadagnato un secondo ripiano (o meglio, il più dolce declivio terminale
del fianco della valle), ci troviamo di fronte ad uno spettacolo che ci
ripaga ampiamente della fatica: le cime di Rosso (m. 3366, a sinistra nella
foto sopra) e di Vazzeda (m. 3301) chiudono, con la loro muraglia rocciosa,
il lato nord-occidentale della valle. Si tratta di cime che si pongono sul
limite orientale del gruppo Masino-Bregaglia. Il colore più chiaro della
cima di Vazzeda è dovuto alla sua situazione singolare per cui (caso unico
nel gruppo montuoso) alle rocce granitiche si sono sovrapposte rocce sedimentarie.
Non è questo, peraltro, l'unico motivo di interesse mineralogico della val
Sissone, che è una sorta di Eldorado per gli appassionati di mineralogia,
che hanno potuto trovarvi, in decenni di ricerche fra la massa sterminata
dei sassi, reperti mineralogici rari e pregiati.
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Se poi volgiamo lo sguardo a sinistra, vediamo che a nord-ovest della
punta Baroni è apparso allo sguardo il monte Sissone (m. 3330, a destra
nella fotografia), dietro un lungo crinale morenico che ricorda quello
della valle di Preda Rossa.
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Ma
lo spettacolo destinato ad imprimersi con maggior forza nella memoria
è senza dubbio quello che ci riserva il fianco meridionale della valle,
dove si dispiega di fronte ai nostri occhi i tormentato e selvaggio scenario
della vedretta settentrionale del monte Disgrazia (m. 3678), segnata da
grandi seracchi e crepacci. Quando i primi alpinisti inglesi vennero per
conquistare la montagna da questo lato, si sentirono dire, dalla gente
del posto, dopo la caduta fragorosa di qualche seracco a valle: desgiàscia,
cioè si scioglie; questa è la più probabile spiegazione dell'origine
del nome del monte, visto che la storia della sua conquista non è segnata
da particolari eventi luttuosi. |

Ma è tempo di riprendere il cammino: ora la traccia piega a destra, salendo
gradualmente e superando un grosso e caratteristico masso biancastro.
Oltrepassati alcuni valloncelli, puntiamo in direzione del crinale roccioso
che scende dal fianco sud-orientale della cima di Vazzeda.
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Il sentiero raggiunge una ben visibile spaccatura nella roccia: si tratta
del Passo della Corna di Sissone di dentro (m. 2438), che permette di
passare dall'alpe Sissone di dentro all'alpe Sissone.
Attraverso lo stretto intaglio della porta possiamo intravedere alcune
delle grandi cime della testata della Valmalenco, e precisamente il pizzo
Tremoggia (m. 3441), il pizzo Malenco (m. 3438) ed il sasso d'Entova (m.
3329). |
Lo
sguardo si apre quindi all'ampio circo terminale dell'alpe Sissone, dominato
ancora, a sinistra, dalla cima di Vazzeda.
La discesa all'alpe è facile e sfrutta, nel primo tratto, un bel sentiero
scalinato.
Poi ci tocca una nuova traversata sostanzialmente pianeggiante, finché
giungiamo al punto (m. 2290) in cui l'alta via intercetta il sentiero
che sale direttamente dall'alpe Laresin all'alpe Sissone (segnavia rosso-bianco-rossi,
vedi foto sotto). |

Ora il sentiero piega a sinistra, salendo ripido alla costiera che separa
l'alpe Sissone dall'ampio terrazzo che si trova sotto la piccola vedretta
di Vazzeda.
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Raggiunta
la base del crinale roccioso, dobbiamo superarlo con qualche semplice
passo di arrampicata.
L'ultimo passaggio (bocchetta del Piattè di Vazzeda) richiede per la verità molta cautela e concentrazione,
soprattutto se la roccia è bagnata: una corda fissa qui non sarebbe di
troppo, ma, siccome non c'è, si deve sopperire ad essa con un supplemento
di attenzione.
Questo, insieme al primo tratto della discesa dalla vedretta di Caspoggio
(sesta tappa), è, lungo gli oltre 110 chilometri dell'alta via, l'unico
punto che richieda un minimo di capacità alpinistiche. |

Sormontate le roccette del crinale, appare a sinistra la bandiera italiana,
che preannuncia la presenza di un rifugio.
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Dobbiamo risalire per qualche decina di metri prima di raggiungerlo: si
tratta del rifugio Del Grande-Camerini (m. 2580), che, lasciato per diverso
tempo in condizioni di abbandono, è stato di recente riaperto, iniziativa
alla quale gli amanti dell'escursionismo non possono che applaudire. |

Dal rifugio si domina l'alta Valmalenco, da San Giuseppe a Chiareggio.
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Lo sguardo, a sinistra, è attirato dalla bella piramide del monte del
Forno (m. 3214), alla cui sinistra è collocata la sella del Forno (m.
2775), che permette di scendere, sul versante svizzero, alla Vedretta
del Forno, raggiungendo, in breve, il rifugio del Forno, del Club Alpino
Svizzero. |
L'ultimo
tratto di questa terza tappa è interamente in discesa: seguendo infatti
le indicazioni poste su un grande masso poco sotto il rifugio, seguiamo
nel primo tratto la direzione che punta direttamente al fondovalle, per
poi piegare a sinistra e, ignorata la deviazione a destra che scende direttamente
al rifugio Tartaglione-Crispo (segnavia bianco-rossi; attenzione a seguirli
per non perdersi nel bosco), iniziare una lunga diagonale che, superati
alcuni valloncelli, conduce al limite superiore di un bel bosco di larici,
dove il sentiero piega a destra (est). |

L'ulteriore discesa nel bosco ci permette di raggiunge il limite superiore
dell'alpe Vazzeda superiore (m. 2033), dove al sentiero dell'alta via
si congiunge quello che scende dalla sella del Forno (segnavia bianco-azzurri).
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Attraversata
l'alpe e raggiunto il suo limite inferiore, scendiamo attraverso un largo
corridoio, in direzione all'alpe Vazzeda inferiore (m. 1832).
Attraversata anche quest'alpe, riprendiamo il sentiero che, nel suo limite
inferiore, riparte tagliando decisamente a destra e raggiungendo in breve
un torrentello, superato il quale su un ponticello di troviamo ad un bivio.
Proseguendo a destra raggiungiamo il rifugio Tartaglione-Crispo, dove
possiamo pernottare. |

Scendendo invece a sinistra ci ritroviamo al ponte sul Màllero, varcato
il quale percorriamo la bella pineta del Pian del Lupo, su una comoda
strada sterrata che ci porta al grande parcheggio di Chiareggio.
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E proprio da Chiareggio, dove possiamo pernottare, gettiamo un'ultima occhiata
alle cime che abbiamo potuto ammirare da vicino, cioè la parete nord del
Disgrazia, le cime di Chiareggio, il monte Sissone e le cime di Rosso e
di Vazzeda.
La terza tappa richiede circa 7 ore; il dislivello effettivamente superato
in salita è di poco più di 1000 metri.
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GALLERIA DI IMMAGINI
DA CHIAREGGIO AL PASSO DI MELLO |
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TRAVERSATA DELLA III TAPPA DELL'ALTA VIA DELLA VALMALENCO
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