Carte del percorso 1, 2, 3


Apri qui una panoramica del rifugio Marinelli e delle cime di Musella

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Rif. Palù-Bocchel del Torno-Alpe Campascio-Rif. Mitta e Musella-Rif. Carate Brianza-Bocchetta delle Forbici-Rif. Marinalli-Bombardieri
8 h
1300
E
SINTESI. Dal rifugio Palù saliamo all'alpe Roggione (m. 2007) ed attraversiamo un piccolo bosco, nel quale la traccia di sentiero si fa strada a fatica fra alcuni grandi massi. Usciti dal bosco, cominciamo a risalire uno stretto vallone, fra erbe e qualche masso, in direzione della sella terminale, cioè del Bocchel del Torno (m. 2203). Ignoriamo le segnalazioni per Il sasso Nero alla nostra sinistra e cominciamo a scendere verso destra, entrando nuovamente in un bosco di larici. Ignorata la deviazione a destra per l'alpe Campolungo, continuiamo, dunque, a scendere verso sud-est, raggiungendo le pisce di sci e la stazione dalla quale parte lo ski-lift che sale fino al monte Motta. Poco sopra la quota 1800, invece di proseguire nella medesima direzione, pieghiamo a sinistra, percorrendo una mulattiera che entra nella valle di Scerscen. Superato l'omonimo torrente, raggiungiamo il pianoro dell'alpe Campascio, attraversandolo fino alle baite dell'alpe (m. 1844), precedute da due torrentelli. Presso la prima di queste baite imbocchiamo, sempre seguendo le segnalazioni, il sentiero che riprende a salire verso destra (nord-est) per circa duecento metri, fino a raggiungere la radura dove sono collocati i rifugi Mitta e Musella, a 2021 metri. Poco sopra i rifugi raggiungiamo poi le baite dell'alpe Musella (m. 2076), dalle quali inizia la lunga salita verso nord che porta ad intercettare il sentiero che proviene da Campomoro (dalla nostra destra) ed a salire verso sinistra alla bocchetta delle Forbici, che vediamo fin dall'alpe Musella. Appena prima della bocchetta si trova il rifugio rifugio Carate Brianza (m. 2600). Oltre la bocchetta il sentiero procede verso nord, aggira lo sperone roccioso che scende verso nord-ovest dal gruppo delle cime di Musella e piega verso destra, alla volta del pianoro detritico che si trova ai piedi della vedretta di Caspoggio, passando a destra del laghetto di Musella. Superati alcuni rami del torrente che scende dalla vedretta di Caspoggio, piega a sinistra (direzione ovest) e si inerpica, con diversi tornanti, sul pendio del fianco orientale di uno sperone roccioso in cima al quale è posto il rifugio Marinelli-Bombardieri al Bernina (m. 2813).


Apri qui una fotomappa del Vallone di Scerscen e della testata della Valmalenco

Doppiata la boa della nostra maratona escursionistica, con questa quinta tappa ci portiamo dal lato occidentale a quello centro-orientale dell'alta Valmalenco, lato che a sua volta si divide nella valle di Scerscen e nella val Lanterna.
Partiamo, dunque, dal rifugio Lago Palù ('l rifùgiu) e risaliamo all'alpe Roggione (m. 2007), dalla quale siamo scesi al termine della quarta tappa. Seguendo le indicazioni attraversiamo un piccolo bosco, nel quale la traccia di sentiero si fa strada a fatica fra alcuni grandi massi. Usciti dal bosco, cominciamo a risalire uno stretto vallone, fra erbe e qualche masso, in direzione della sella terminale, cioè del Bocchel del Torno (m. 2203). Oltre la sella si presenta al nostro sguardo una delle cime che avremo modo di osservare con maggiore frequenza durante le rimanenti tappe, vale a dire il pizzo Scalino (m. 3323). Ignoriamo le segnalazioni alla nostra sinistra, che guidano chi volesse salire alla cima del Sasso Nero (umèt, m. 2919), e cominciamo a scendere verso destra, entrando nuovamente in un bosco di larici, dal volto, però, questa volta più gentile.
Ignoriamo la deviazione che, alla nostra destra, conduce all'alpe Campolungo, dalla quale si sale al passo omonimo (m. 2167), gemello del Bocchel del Torno (il passo è infatti posto fra il monte Roggione (crèsta del rungiùm), a nord, ed il monte Motta - “sas òlt” -, a sud, ed è separato dal Bocchel del Torno dal monte Roggione). Continuiamo, dunque, a scendere verso sud-est, raggiungendo le pisce di sci e la stazione dalla quale parte lo ski-lift che sale fino al monte Motta.
Poco sopra la quota 1800, invece di proseguire nella medesima direzione (che ci condurrebbe al rifugio Scerscen - m. 1813 - e da qui a Campo Franscia - m. 1620), pieghiamo a sinistra, percorrendo una mulattiera che effettua una lunga traversata sul fianco orientale del versante montuoso che dal Sasso Nero scende fino al monte Motta: entriamo così nella valle di Scerscen e, superato l'omonimo torrente, raggiungiamo il pianoro dell'alpe Campascio (campàasc'), fino alle baite dell'alpe (m. 1844), precedute da due torrentelli.
Presso la prima di queste baite imbocchiamo, sempre seguendo le segnalazioni, il sentiero che riprende a salire verso destra (nord-est) per circa duecento metri, fino a raggiungere la radura dove sono collocati i rifugi Mitta e Musella, a 2021 metri, circondati dalla bellissima cornice di boschi gentili. Poco sopra i rifugi raggiungiamo poi le baite dell'
alpe Musella (m. 2076), dalle quali inizia la lunga salita verso nord che porterà alla bocchetta delle Forbici (buchèl di fòrbes). A questo sentiero si congiunge da destra, poco sopra la quota 2200, quello che parte dal limite sud-occidentale della diga di Campomoro (dighe de cammòor) ed attraversa, quasi pianeggiante, il bosco di radi larici che costituisce il limite superiore dell'alpe Musella.


L'alpe Campascio

Quando vediamo il cartello che indica la deviazione a destra per Campomoro, abbiamo già iniziato quella lunga e faticosa salita che ci permetterà di sormontare sette dossi posti in rapida successione: si tratta dei famosi "sette sospiri" ("set suspìir"), che devono la loro denominazione non solo ad alcune brusche impennate del sentiero, ma anche alla fallace impressione che la bocchetta delle Forbici sia lì, a portata di mano, impressione alla quale succede l'amara constatazione che il percorso è più lungo e faticoso di quanto ci si aspetterebbe.


Apri qui una fotomappa della salita dall'alpe Campascio alla bocchetta delle Forbici

Lo scenario che ci sta di fronte, però nella sua bellezza in parte ci ripaga dalla fatica: le chiare cime di Musella (m. 2990, 3079, 3094; alla loro destra, la cima di Caspoggio, m. 3136; queste vette sono chiamate, però, localmente, nel loro complesso, “sas di fòrbes”) ci fanno già respirare quell'aria di alta montagna che dominerà sovrana oltre la bocchetta. Raggiungiamo infine, appena sotto la bocchetta, il, si può ben dire, sospiratissimo rifugio Carate Brianza, posto poco al di sopra della quota 2600.


Apri qui una panoramica dalla bocchetta delle Forbici

Il rifugio ("la caràte") era, in origine, un deposito costruito, nel 1916, dagli Alpini che erano di stanza alla capanna Marinelli. Nel 1926 il comune di Torre S. Maria lo cedette all'Unione Escursionisti Caratesi, che lo ristrutturarono ed ampliarono e lo inaugurarono il 15 agosto 1927.


Apri qui una fotomappa dell'alto Vallone di Scerscen

Tre quarti buoni della tappa sono ormai alle nostre spalle ed il rifugio costituisce il nuovo ideale per sostare e chiamare a raccolta le forze residue, prima dello strappo finale. Dal rifugio lo sguardo può spaziare sull'intera vallata, dominata dalla scura e massiccia mole del Sasso Moro (m. 3108). Dal rifugio alla bocchetta (m. 2636) il passo, si può ben dire, è breve.


Laghetto delle Forbici

Lo scenario che ci attende al di là di essa è probabilmente il più bello dell'intera alta via: improvvisa e perentoria, ecco la testata della Valmalenco, con i suoi colossi che, parafrasando la celebre frase del Re Sole, sembrano dire "La Valmalenco siamo noi". Vale la pena di passarle in rassegna con calma. Il lato sinistro è occupato dalla vedretta di Scerscen inferiore e dal poderoso bastione roccioso sul quale si elevano il pizzo Gluschaint (m. 3594), i pizzi Gemelli (m. 3584, 3564, ben visibili da Sondrio) ed il pizzo di Sella (m. 3517). A destra dell'evidente depressione del passo di Sella si collocano le più famose cime di questa testata.


Il piz Roseg si specchia nel lago di Musella lungo il sentiero per il rifugio Marinelli-Bombardieri al Bernina

Innanzitutto il pizzo Roseg (da “rösa” o “rosa”, massa di ghiaccio, m. 3937), che da qui appare in tutta la sua imponenza ed insieme eleganza. Poi il pizzo Scerscen (m. 3971), alla cui destra si colloca la più alta vetta delle Alpi Retiche e la più occidentale delle cime che superano i 4000 metri, il pizzo Bernina (m. 4050), che per la verità non è ancora visibile dalla bocchetta: bisogna, infatti, percorrere un tratto del sentiero che permette di aggirare uno sperone roccioso per vederlo gradualmente comparire davanti al nostro sguardo.


Il vallone di Scerscen

Protagonista di questo scenario non è, però, solo la testata della valle, ma anche l'imponente bacino che si apre ai loro piedi, il Vallone di Scerscen. La valle, o vallone, di Scèrscen ("valùn de scérscen") è stata definita il Gran Canyon della Valmalenco: paragone azzardato se prendiamo in considerazione le dimensioni, azzeccato, invece, se ci riferiamo alla suggestione che questa grande conca di detriti alluvionali, che si stende ai piedi dei giganti della testata della valle, suscita. Una suggestione legata alla solitudine dei luoghi, assai meno percorsi rispetto alle vie escursionistiche più classiche della Valmalenco, ed all’acuta sensazione della propria piccolezza, che si sperimenta di fronte alla vastità degli spazi che gradualmente si aprono ed alla verticalità della compagine delle cime che chiudono l’orizzonte a nord. La storia di questo imponente bacino è assai interesssante ed istruttiva. Nei quasi tre secoli della cosiddetta Piccola Età Glaciale, dalla seconda metà del Cinquecento agli inizi dell'Ottocento, le temperature medie subirono un marcato calo. In quel periodo l'aspetto del Vallone di Scerscen era assai diverso dall'attuale. Un unico imponente ghiacciaio ne era padrone, con una superficie complessiva di circa 20 kmq. La sua lingua più bassa raggiungeva lo sbocco del vallone che sale alla forca d'Entova.


Il cimitero degli Alpini nel cuore del Vallone di Scerscen

La risalita delle temperature dalla seconda metà dell'Ottocento ne minò gradualmente la consistenza, frammentandolo nei cinque nuclei che vi troviamo oggi, la vedretta di Scercen inferiore (590 ha), quella di Scerscen superiore (553 ha), il ghiacciaietto Marinelli (28 ha), la vedretta di Caspoggio (52,5 ha) e quella di Musella (11,5 ha), con una superficie complessiva di circa il 65% di quella del ghiacciaio unificato. Le proiezioni per i decenni futuri vedono purtroppo un'accelerazione del ritiro dei ghiacciai per il ben noto processo di global warming. In futuro il Vallone di Scerscen dovrebbe essere interamente dominato dall'elemento minerale, con la presenza dei ghiacciai ridotta a sporadiche chiazze o addirittura annullata.


Il Vallone di Scerscen

Torniamo al racconto del percorso. Lasciata alle spalle la bocchetta delle Forbici ed aggirato lo sperone roccioso che scende verso nord-ovest dal gruppo delle cime di Musella, il sentiero piega verso destra, alla volta del pianoro detritico che si trova ai piedi della vedretta di Caspoggio, passando a sinistra del laghetto di Musella.


Apri qui una panoramica del Vallone di Scerscen

Man mano che ci avviciniamo al pianoro, si apre, alla nostra destra, una visuale sempre più ampia sulla vedretta di Caspoggio, piccolo ghiacciaio che dovremo risalire all'inizio della sesta tappa e dal quale scendono diversi torrentelli, che attraversiamo anche con l'ausilio di un ponticello.


Apri qui una panoramica dello sperone del rifugio Marinelli-Bombardieri al Bernina

Non manca molto, ormai, alla meta, il rifugio Marinelli-Bombardieri al Bernina (m. 2813), ma l'ultimo tratto richiede ancora uno sforzo che, data la stanchezza, appare severo. Il rifugio è, infatti, collocato su un grande sperone roccioso posto a sud-ovest del crinale che scende dalla punta V Alpini e dal passo Marinelli occidentale, per cui il sentiero, superati alcuni rami del torrente che scende dalla vedretta di Caspoggio, piega a sinistra (direzione ovest) e si inerpica, con diversi tornanti, sul pendio del suo fianco orientale.
Alla fine, però, dopo circa 7-8 ore dalla partenza, anche il grande rifugio è raggiunto. Abbiamo superato, in salita, un dislivello effettivo di circa 1300 metri.

Il rifugio, di proprietà del CAI di Sondrio, fu costruito nel 1880. Il suo nome originario era rifugio Scerscenma, dopo la morte del suo ideatore, Damiano Marinelli, nel 1882 venne intitolato a lui. Nel tempo fu soggetto a numerosi ampliamenti (1906, 1915, 1917, 1925 e 1938), finché, dopo la seconda guerra mondiale, per impulso di Luigi Bombardieri venne raddoppiato. Alla morte del Marinelli, in seguito alla tragica caduta dell’elicottero che lo trasportava nel 1957, il suo nome venne aggiunto nell’intitolazione del rifugio, che ebbe come custode Cesare Folatti.


Apri qui una fotomappa dell'alto Vallone di Scerscen

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - elaborata su un particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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