Sei giorni fra alpeggi e rifugi della Valle del Bitto di Gerola- 6: Da Bema a Morbegno
La Val Gerola, per l’ampiezza, gli insediamenti umani, gli alpeggi di pregio, la ricchezza di convalli e di elementi di interesse storico e naturalistico, è la regina delle valli orobiche. È divisa nel territorio di ben quattro comuni, con altrettanti insediamenti permanenti principali, Sacco, Rasura, Pedesina e Gerola Alta, ciascuno con le proprie peculiarità culturali ed economiche, come lascia intendere una vecchia filastrocca che li mette in fila: “Sach paìs da stach, Resüra prat da segà, Pedesina munt da cargà, Giaröla bosch da taià”. Vale a dire: Sacco godeva della sua ottima posizione, Rasura dell’abbondanza dei suoi prati da sfalcio, Pedesina dei suoi alpeggi e Gerola dei suoi boschi. Da qui l’idea di tracciare un’alta via che tocchi i luoghi più significativi della valle, percorrendola ad anello da Morbegno a Morbegno (o, in una versione più breve che salta la prima tappa, da Rasura a rasura). Niente di ufficiale, niente di istituzionalizzato, solo una proposta, un’idea per passare sei (o cinque) giorni nel regno del Bitto, il re dei formaggi grassi d’alpe ed il prodotto più significativo di una cultura che qui conserva la sua identità e le sue radici vitali. Condizioni: buon allenamento, condizioni meteorologiche buone, buon senso dell’orientamento per un percorso che una sola volta (discesa alla bocchetta Paradiso al lago Rodondo) propone un passaggio che richiede cautela e buona esperienza escursionistica.
ALTA VIA DELLA VAL GEROLA- 6- DA BEMA A MORBEGNO
Dalla chiesa parrocchiale di San Bartolomeo a Bema (m. 798) imbocchiamo la via che procede verso ovest, e ci porta ad un trivio: a destra si scende lungo l'antica via di accesso a Bema, a sinistra si procede verso il limite meridionale del paese, sempre a sinistra ma più in basso si imbocca la nuova carrozzabile che consente un più sicuro accesso a Bema.
Imbocchiamo quest'ultima strada e la seguiamo scendendo per una sequenza di tornanti sx-dx-sx-dx-sx-dx. All'ultimo tornante dx prestiamo attenzione: sul lato destro della strada vedremo la partenza di un sentierino che scende verso il torrente Bitto. Lo imbocchiamo ed in pochissimo tempo siamo al misterioso Punt de la Sort (m. 475).
Accolse di buon grado l’invito, e scese da Sacco
al Dosso, e da qui al ponte sul Bitto, per poi risalire, sicuro, il
dosso di Bema, fino al paese. Vi giunse di buon mattino, per dar modo
ai fedeli che intendessero onorare degnamente il santo di confessarsi.
Concelebrò, poi, nella solenne Santa Messa, seguita dalla processione
rituale e da un festoso banchetto. Si trattenne anche per i Vespri,
prima di rimettersi sulla via del ritorno alla propria parrocchia, intorno
alle quattro del pomeriggio. Era stata una giornata luminosa e serena,
senza una nube in cielo.
Valicato con qualche timore il ponte, riprendiamo il sentiero che ora sale deciso, con diverse svolte, in una folta selva di castagni, il versante occidentale della Valle del Bitto di Gerola, fino ad uscire all'aperto proprio sotto l'imponente campanile della chiesa di San Giacomo di Rasura (m. 672). Prendiamo a destra su una stradella (Via del Bitto) ed iniziamo una graduale discesa.
In breve siamo al vecchio Mulino del Dosso, ora ristrutturato come museo etnografico da Serafino Vaninetti (di qui la denominazione di museo Vanseraf) e posto in prossimità della cascata della Füla, che possiamo osservare dal ponticello sul torrente della valle denominata “Il Fiume”. Un tratto ancora, e la stradella cede il posto ad una stradina asfaltata che sale ad intercettare la strada provinciale della Val Gerola in corrispondenza delle case basse di Sacco, frazione di Cosio Valtellino. Anche qui la storia propone motivi di assoluto interesse.
Per proseguire la discesa verso Morbegno dobbiamo salire al sagrato della splendida chiesa di San Lorenzo. Alle sue spalle troviamo il cimitero e la partenza di una stradella che scende ad intercettare la strada provinciale della Val Gerola, ormai in vista della bassa Valtellina. Appena al di là della carrozzabile la stradella riparte e dopo pochi tornanti ci porta alla piana di prati con le baite e le case della località Campione (m. 580), che, alla bellezza ed amenità dello scenario naturale, unisce un motivo di interesse storico: qui nacque, infatti, nel 1417, la celebre figura di Bona Lombarda, eroina della storia del quattrocento italiano. Si trattava di una contadina di cui si innamorò il capitano Pietro Brunoro, che militava nell’esercito del Ducato di Milano (allora signoria dei Visconti), guidato dal capitano di ventura Niccolò Piccinino e dal valtellinese Stefano Quadrio, esercito che aveva appena sconfitto quello veneziano nella battaglia di Delebio (1432). I due si sposarono nella chiesa di Sacco e la moglie seguì poi il capitano, di origine parmense, nelle sue peregrinazioni legate alla compagnia di ventura per la quale militava. Fin qui niente di strano: ciò che, però, rese quasi leggendaria la figura della donna fu la pratica delle armi, nella quale, affiancando il marito, si distinse per coraggio e valore, tanto da farne un’eroina molto amata, soprattutto in epoca romantica.
Proseguiamo diritti passando a sinistra dei prati e torniamo nel bosco, una bella selva di castagni, imboccando una mulattiera che passa per una fontana. Ad un bivio, stiamo a destra (la mulattiera sulla sinistra scende a Cosio Valtellino) e proseguiamo nella decisa dscesa. La mulattiera torna a farsi stradella e passa per la selva maloberti e per i ruderi di San Carlo (m. 385), circondati da castagni, prima di confluire nella strada provinciale della Val Gerola in corrispondenza della sua partenza, cioè alle case di Morbegno, dove la traversata dei paesi orobici termina. |
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