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Albareda

Punti di partenza ed arrivo (anello escursionistico)
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Curlo-Albareda-Piazzetto-Alpe Palù-San Giuseppe-Curlo
5-6 h
940
E
SINTESI. Portiamo alla frazione Curlo di Chiesa in Valmalenco. Alle spalle delle ultime case, sul lato di nord-ovest del paese, parte, dalla quota di circa 1060 metri, un sentiero, segnalato da un cartello della Comunità Montana Valtellina di Sondrio, per la località Albareda un nucleo di baite a 1450 metri. Il sentiero in diversi punti si fa stretto e labile, ma non lo si può perdere. Superato un primo gruppo di baite, passiamo accanto ad un grande roccione nerastro, dalla superficie cava ed arrotondata. Il sentiero continua la sua salita, oltre le baite, raggiungendo la parte alta delle cave di serpentino. Vicino ad un roccione con un segnavia rosso-bianco-rosso troviamo un cartello che indica la prosecuzione del sentiero, che passa per Agnisci e Piazzetto, per terminare a Palù. Una scala metallica ci aiuta a superare un nuovo roccione, raggiungendo il limite superiore delle cave. Il sentiero, oltrepassate le case di Ca’ Agnisci (m. 1519), effettua una breve traversata in una macchia, uscendone in corrispondenza delle baite del Piazzetto (m. 1679). Superate le ultime baite, rientra in pineta. I segnavia rosso-bianco-rossi ci guidano quando la traccia comincia a salire: ignorando alcune deviazioni a sinistra, guadagniamo ulteriormente quota, in direzione est, fino ad uscire dalla pineta poco a valle degli impianti di risalita del Palù, che raggiungiamo percorrendo una ripida pista sterrata. Salendo ancora, ci congiungiamo con la pista che proviene dal lago Palù. Prendendo a sinistra (nord) seguiamo la pista fino ad affacciarci all'ampia conca del lago Palù. Passiamo a sinistra della sua riva occidentale ed a destra della caratteristica Ca' di Sciur. La pista confluisce nella stradella che a destra sale al rifugio Lago Palù. Noi prendiamo in direzione opposta, a sinistra (ovest) e seguiamo le indicazioni per i Barchi, scendendo su una ripida stradella in pecceta, fino ad uscirne verso sinistra in corrispondenza della pista di sci e del rifugio Barchi (m. 1698), sul suo lato opposto. Seguiamo ora la carrozzabile che, dopo pochi tornanti, ci porta allo spiazzo del rifugio Sasso Nero. Restiamo sulla carrozzabile e dopo una coppia di tornanti dx-sx ci ricongiungiamo con la strada provinciale Chiesa-Primolo, in località San Giuseppe (m. 1433). Seguiamo ora la strada per breve tratto verso destra, cioè verso Primolo, fino a trovare sul lato opposto un parcheggio con alcuni cartelli che indicano la partenza del sentiero per l'alpe Lagazzuolo. Imbocchiamo il sentiero che scende ad un un ponticello sul Mallero (m. 1408), appena a valle di due massi ciclopici. Non attraversiamo il ponte, ma proseguiamo a sinistra restando a sinistra del Mallero e scendendo su una pista sterrata, per un buon tratto, accompagnati dal poderoso fragore del torrente, che supera con rabbiose cascate alcune prese in muratura. Giungiamo, così, ad un secondo ponticello (m. 1323), che ci riporta sulla riva destra del Mallero. Qui troviamo la mulattiera per Primolo, che propone un primo tratto in leggera salita ed un suggestivo passaggio in una sorta di corridoio costituito da una radura circondata dalla macchia. Poi comincia la discesa, ed il fondo della mulattiera si fa più largo, leggermente sopraelevato rispetto al piano da un bordo in sassi. La discesa ci porta al bivio di quota 1270, al quale dobbiamo prendere a sinistra, restando sul Sentiero Rusca ed ignorando la mulattiera per Primolo. Scendiamo ancora sul sentiero che raggiunge la stradella in corrispondenza delle cave del Giovello. Seguendola in discesa, raggiungiamo la provinciale Chiesa-Primolo. Scendendo verso destra ritorniamo così a Chiesa in Valmalenco. Al primo bivio prendiamo a sinistra e dopo una coppia di tornanti dx-dx, scendiamo al Curlo, dove recuperiamo l'automobile.


Albareda

Un inedito ed interessantissimo anello escursionistico si disegna toccando alcuni dei luoghi più suggestivi all'ingresso dell'alta Valmalenco, dalle solitarie baite di Albareda allo splendido lago Palù, da San Giuseppe ad un tratto del Sentiero Rusca.
Per percorrerlo dobbiamo salire da Sondrio a Chiesa in Valmalenco e portarci alla frazione del Curlo (córlu, o cùrlu). Per farlo, portiamoci alla rotonda fra Lanzada e Chiesa, svoltiamo per Chiesa, passando nei pressi del punto di partenza della cabinovia che sale al monte Motta e, prima di salire a Chiesa, svoltiamo a destra, seguendo le indicazioni per il Curlo e salendo nel cuore della frazione per qualche tornante, fino a trovare un piccolo parcheggio dove possiamo lasciare l’automobile.

Alle spalle delle ultime case, sul lato di nord-ovest del paese, parte, dalla quota di circa 1060 metri, un sentiero, segnalato da un cartello della Comunità Montana Valtellina di Sondrio, per la località Albareda ("l bareda", maggengo a monte del "giuèl del sas di còrf"; il termine deriva probabilmente, come Albaredo, da “arboretum” e da “arbor”, pioppo). Si tratta di un nucleo di baite, a 1450 metri, arroccate sul ripido versante di prati e roccioni che si affaccia, a precipizio, da nord-est, sul solco del Mallero (màler). Il sentiero in diversi punti si fa stretto e labile, ma non lo si può perdere.
Superato un primo gruppo di baite, passiamo accanto ad un grande roccione nerastro, dalla superficie cava ed arrotondata, che ha tutta l’aria di nascondere qualche fascinoso antichissimo enigma. Verso ovest, cioè alla nostra sinistra, è, invece, ben visibile il monte Braccia (m. 2909). Il sentiero continua la sua salita, oltre le baite, raggiungendo la parte alta delle cave di serpentino.

Avvicinandoci ai roccioni a monte dei prati, troviamo anche un singolare e suggestivo incontro con la storia. Un masso squadrato infisso su un lato, con la riproduzione della testa di un soldato inscritta in uno scudo. Sopra, in testo in greco. E' la riproduzione di una lapide che commemora Leonida ed i suoi 300 spartani morti alle Termopili (cfr. il film Trecento), con testo composto dal poeta Simonide:

«ω ξεῖν᾿, αγγέλλειν
Λακεδαιμονίοις οτι τοδε
κείμεθα, τοις κείνων
ρήμασι πειθόμενοι»

«O straniero, annuncia
agli Spartani che qui
noi giacciamo in ossequio
alle loro leggi»

La vicenda del sacrificio eroico dei Trecento Spartani che sbarrarono alla strada all’esercito Persiano sfruttando lo stretto passaggio nella roccia delle Termopili è fra le più note e celebrate della storia greca. In questo luogo solitario, un po’ arcano, l’improvviso slittamento temporale evoca una potente suggestione. La legger spartana, menzionata nei versi poetici, chiede ad ogni soldato di cadere piuttosto che fuggire di fronte al nemico. “Sullo scudo o con lo scudo”, pare dicessero le madri spartane ai loro figli in partenza per una campagna militare, auspicando che tornassero da morti o da vincitori, mai da fuggitivi. Cambia, nei secoli, anche la modalità dell’essere madri…

Vicino ad un roccione con un segnavia rosso-bianco-rosso troviamo un cartello che indica la prosecuzione del sentiero, che passa per Agnisci e Piazzetto, per terminare a Palù. Una scala metallica ci aiuta a superare un nuovo roccione, raggiungendo il limite superiore delle cave. Il sentiero, oltrepassate le case di Ca’ Agnisci (m. 1519), effettua una breve traversata in una macchia, uscendone in corrispondenza delle baite del Piazzetto (m. 1679), alle quali giunge anche una pista sterrata che si stacca dalla strada Chiesa-San Giuseppe. Se guardiamo dal Piazzetto in direzione nord-ovest possiamo riconoscere, in una breve finestra che si apre sull’alta Valmalenco, dove domina la massiccia mole del Sasso di Fora (m. 3318), mentre alla sua sinistra, defilata, si mostra l’elegante piramide del monte del Forno (fùren, o fórn, ma anche munt rus, m. 3214). A sinistra del monte del Forno si riconosce il bocchel del Cane, in Val Orsera (val d'ursàra o d'ursèra), ed ancora più a sinistra la punta Rosalba (m. 2803). Verso ovest il panorama è chiuso dal monte Braccia (m. 2909), sul cui ripido versante orientale è posta l’alpe Girosso (giròos).


Piazzetto

Il sentiero, superate le ultime baite, rientra nel bosco. Si tratta di una splendida pineta. I segnavia rosso-bianco-rossi ci guidano quando la traccia comincia a salire: ignorando alcune deviazioni a sinistra, guadagniamo ulteriormente quota, in direzione est, fino ad uscire dalla pineta poco a valle degli impianti di risalita del Palù, che raggiungiamo percorrendo una ripida pista sterrata.


Sentiero Piazzetto-Palù

Salendo ancora, ci congiungiamo con la pista che proviene dal lago Palù. Percorrendola verso sinistra, ci affacciamo all'ampia conca del lago Palù, perla della Valmalenco, che merita un approfondimento particolare.


Il lago Palù

Il lago del Palù è il maggiore, per la sua notevole superficie, laghi alpini valtellinesi. Giace in una specie di ameno altipiano, sulla sponda sinistra del Mallero, framonte Nero (2734 m.), monte Roncione (2359 m.) e monte Motta (2336 m.). Le sue purissime acque formano come un seno tranquillo, circondato da sponde erbose con morbide movenze, ricoperte di larici, di mughi e di abeti, che gli fanno ampia, verde cornice ed alto contrasto colle brulle roccie dei monti circostanti. Non ha affluente né emissario di sorta, onde le sue acque derivano unicamente dalle pioggie e dalla fusione delle nevi che cadono sulle pendici dei monti, che circondano lago. Perciò esse vanno soggette ad un grandissimo dislivello nelle varie epoche dell'anno, specialmente nella primavera o nell'autunno, dislivello che è ordinariamente di due metri, e che talvolta assai maggiore, come nella straordinaria siccità del 1893, in cui le acque del lago si abbassarono tanto che a memoria d'uomo non si ricorda mai. Infatti avendolo io visitato il 31 Agosto 1892, trovai una profondità massima di 25 metri, in corrispondenza alla metà circa della retta che attraversa lago di fronte alla casetta; ed giorno 18 Giugno 1893, non vi rinvenni che la profondità di 15 metri. Dovrebbe bastare ciò per convincere del contrario coloro i quali credono (anche fra scrittori di cose naturali della Valtellina) che le acque di questo lago, come di altri senza affluente e senza emissario, debbano avere le loro scaturigini invisibili e ad un livello molto profondo, e se ne vadano per vie non conosciute. Il lago ha forma alquanto allungata, diretto da N.N.O a S.S.E., notevolmente dilatato verso S. Presenta qualche rientranza e sporgenza nelle due sponde maggiori e specialmente una concavità della sponda O. che risponde ad una convessità dell' opposta di E. Il contorno del lago è costituito di limo finissimo, il quale viene ricoperto alquanto più in alto nella regione esterna da pascoli erbosi che crescono rigogliosi sull' abbondante terreno morenico, il quale circonda il lago da ogni parte, dandogli quel grato aspetto, che sopra dicemmo, onde esso direbbesi a tutta prima un lago morenico.


Il lago Palù

Tale infatti lo credette il Dott. Benedetto Corti. Ma osservando attentamente quest'apparato morenico in ogni sua parte, si scorge tosto come esso non sia propriamente quello che dia origine al lago. Infatti dal monte Motta sopra accennato, che s'innalza a S., si distacca un'ampia cresta della medesima roccia, che piega prima ad O. indi si volge a N. e delimita così, colla base degli altri due monti sopra accennati, un ampio bacino orografico, assai basso, il quale fu mascherato dalla sovrapposizione del terreno morenico. Talora questa viene a mancare e si mostra allora la roccia in posto con stratificazione parallela a quella dei monti sopra nominati, dei quali costituisce come un contrafforte. Questa roccia in posto è ben visi­bile specialmente sulla sponda O., dalla casetta fino alla estremità S.O. del lago, e, meglio ancora, nel lato esterno della sponda di questa, appena sopra le baita di Zocca, dove grandi banchi di micascisto emergono dal terreno morenico.


Il lago Palù

Così il naturalista Paolo Pero (nella raccolta “I laghi alpini valtellinesi”, Padova, 1894; cfr. appendice) su una delle perle più pregiate della Valmalenco. Il lago Palù (lach di palö), posto a 1921 metri, è il più ampio lago naturale delle montagne valtellinesi, superato solo dai laghi originati da sbarramenti artificiali. Si è ipotizzato che sia stato creato dallo sbarramento di una paleofrana, ma sembra più probabile che il suo bacino derivi dai processi di escavazione glaciale. Non ha emissario visibile, per cui in passato le sue acque finivano per perdersi nelle cavità naturali sotto i monti Roggione e Motta (Sasso Alto), ad est e sud-est del lago. In tempi più recenti è stata costuita una galleria di 365 metri che ne convoglia le acque fino alla frazione Curlo di Chiesa in Valmalenco, per poi indirizzarle alla centale idroelettrica di Lanzada. Oggi è meta dei cultori della pesca sportiva, ma già in passato era famoso per la sua pescosità, tanto che a metà dell'Ottocento le sue trote e le sue tinche sostentavano, nella stagione estiva, cinque famiglie che vi praticavano la pesca. A quel tempo la sua superficie era più ampia (occorreva un'ora buona per completarne il periplo), ed ancor più lo era, pare, nei secoli precedenti. Ai tempi di Melchiorre Gioia (1767-1829), infatti, lo sviluppo della riva era triplo, ed era necessaria un'ora e mezza per percorrerlo interamente. Era, inoltre, assai più pescoso, tanto da consentire a diverse famiglie di vivere praticando l'attività della pesca, come leggiamo anche nella “Guida alla Valtellina” edita dal CAI nel 1884, che ci offre ulteriori notizie:
Il Palù (1993 m.) vuolsi annoverare fra i pittoreschi laghi montani. Giace in una conca fra il Monte Motta e il Monte Nero, e misura circa 600 metri in lunghezza e 300 metri in larghezza… durante un mese dell’anno vi stanno alcuni pastori, poi tutto è quiete e silenzio. Un parroco di Chiesa fece erigere vicino al lago una casetta, nella quale egli soleva passare alcuni giorni di svago. L’albergatore Battaglia di Chiesa, divenutone proprietario, la rifabbricò ed ingrandì, e ora vi possono trovare alloggio modesto e buon vitto quelli che amano nella quiete di quel ridente soggiorno dimenticare le traversie della vita. La Casa del Palù non è sempre aperta: chi vuol trovarvi ricovero deve avvertire qualcuno degli albergatori di Chiesa. Il lago non ha emissari apparenti e nessun ruscello si versa in esso: le sue acque sono limpide tanto che vi si possono prendere dei bagni. E perché nulla mancasse, il signor Battaglia vi fece fabbricare un piccolo burchiello, col quale in ogni senso può percorrersi il lago. Né i pesci vi mancano, anzi v’abbondan le trote, e vi si trovò pur anco una grossa anguilla che ora si conserva nel Museo dell’Università pavese. Uno dei divertimenti più graditi è la pesca, o meglio la caccia delle trote. La limpidezza delle acque rende inutili le reti e gli ami: conviene adoperare il fucile. Si pone una piccola fiocina su una bacchetta, che in luogo del projettile si mette nella canna di un fucile, a cui si raccomanda con una cordicella. E con essa si colpiscono le trote quando vengono a fior d’acqua per ingoiare una bicciola di pane o qualche altra cosa che si ebbe cura di gettar loro. Dal lago si giunge in meno di mezz’ora sul Monte Motta, che è a mezzogiorno, e da cui si gode una stupenda vista sulla Val Malenco, la Valtellina, il pizzo Scalino e il Monte delle Disgrazie”.


Il lago Palù

Percorrendo la pista passiamo a sinistra della sua riva occidentale ed a destra della caratteristica Ca' di Sciur. Non possiamo avvicinarci troppo, perché è pericolante, ma riconosciamo sulla sua facciata una Madonna con Bambino ed una scritta in latino: “ERECTA A.D. MDCCCLXXIII – AUCTA A.D. A.D. MCMXI”, cioè “edificata nell’anno del Signore 1873, ampliata nell’anno del Signore 1911”. Sopra la scritta, uno stemma nobiliare che rappresenta una trota sormontata da un orso. L’edificio, già di proprietà delle famiglie Alfieri e Mira di Como, era chiamato così perché utilizzato dai villeggianti, in passato ed ancor oggi chiamati, nell’idioma locale, “sciuur”. Interessante è notare come in passato la capienza del lago fosse ben maggiore, tanto che in taluni periodi le sue acque arrivavano a lambire l'edificio.


San Giuseppe

Poco più avanti la pista confluisce nella stradella che a destra sale al rifugio Lago Palù. Noi prendiamo in direzione opposta, a sinistra (ovest) e seguiamo le indicazioni per i Barchi, scendendo su una ripida stradella in pecceta, fino ad uscirne verso sinistra in corrispondenza della pista di sci e del rifugio Barchi (m. 1698), sul suo lato opposto. Seguiamo ora la carrozzabile che, dopo pochi tornanti, ci porta allo spiazzo del rifugio Sasso Nero. Restiamo sulla carrozzabile e dopo una coppia di tornanti dx-sx ci ricongiungiamo con la strada provinciale Chiesa-Primolo, in località San Giuseppe (m. 1433). Seguiamo ora la strada per breve tratto verso destra, cioè verso Primolo, fino a trovare sul lato opposto un parcheggio con alcuni cartelli che indicano la partenza del sentiero per l'alpe Lagazzuolo. Imbocchiamo il sentiero che scende ad un un ponticello sul Mallero (m. 1408), appena a valle di due massi ciclopici.
No
n attraversiamo il ponte, ma proseguiamo il cammino verso sinistra, restando a sinistra del Mallero e seguendo, in discesa, la pista, per un buon tratto, accompagnati dal poderoso fragore del torrente, che supera con rabbiose cascate alcune prese in muratura. Giungiamo, così, ad un secondo ponticello (m. 1323), che ci riporta sulla riva destra del Mallero (màler). Qui troviamo la mulattiera per Primolo (stràda o strèda de prémul), che propone un primo tratto in leggera salita ed un suggestivo passaggio in una sorta di corridoio costituito da una radura circondata dalla macchia. Alla nostra sinistra incontriamo anche alcune rocce levigate, che affiorano dal verde del prato, e che ci separano dal Mallero (màler), che scorre oltre cento metri più ad est. Il luogo è davvero ameno e riposante. Poi comincia la discesa, ed il fondo della mulattiera si fa più largo, leggermente sopraelevato rispetto al piano da un bordo in sassi.
Si intuisce subito l’importanza di questa via: è un tratto della strada del Muretto (pas de mürét, l'antico monte dell'Oro), l’antichissima via per la quale si risaliva l’intera Valmalenco, ci si affacciava al
passo del Muretto e, per la valle omonima, si scendeva in Engadina. Di qui passò, il 25 luglio del 1618, l’arciprete di Sondrio Niccolò Rusca, rapito da sessanta armati della Lega Grigia e successivamente condotto al Thusis, dove morì, per le torture, il 18 settembre successivo.
La discesa ci porta a quota 1270, dove troviamo un bivio,
al quale dobbiamo prendere a sinistra, restando sul Sentiero Rusca ed ignorando la mulattiera per Primolo. Scendiamo ancora sul sentiero che raggiunge la stradella in corrispondenza delle cave del Giovello. Seguendola in discesa, raggiungiamo la provinciale Chiesa-Primolo. Scendendo verso destra ritorniamo così a Chiesa in Valmalenco. Al primo bivio prendiamo a sinistra e dopo una coppia di tornanti dx-dx, scendiamo al Curlo, dove recuperiamo l'automobile.


Sentiero Rusca

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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